Rifiuto per l’estetica della follia e dell’orrore, a favore del colore, della solidarietà umana e dell’armonia con la natura: ” Sono attratto soprattutto dalla bellezza, dall’umanità, dal lato positivo. Preferisco afferrare un’ombra fugace su un bel colore che fotografare una scena di guerra.” Ma ci sono appuntamenti con la Storia che non si possono mancare, infatti da quando entra a far parte di Magnum, Bruno Barbey si trova molte volte a documentare conflitti, guerre e situazioni di forte impatto drammatico o sociale.
Comincia a fotografare all’età di 18 anni, frequenta l’Ecole des Art et Métiers di Vevey, in Svizzera. Impara la tecnica ma si annoia. Consapevole che i suoi compagni sono proiettati ad intraprendere un futuro da fotografi industriali o pubblicitari, Barbey è una voce fuori dal coro, vuole distinguersi, perdersi nei grandi spazi, viaggiare…E parte proprio dall’Italia.
A bordo di una vecchia Volkswagen, comincia ad esplorare un nuovo palcoscenico dove tornerà tante e tante volte; le sue “scappatelle italiane” diventano un progetto editoriale articolato, incoraggiato e promosso da Robert Delpire, editore e “agitatore” della fotografia, non solo francese. Les Italiens: l’Italia degli anni Sessanta, l’Italia del neorealismo, di Fellini, di Pasolini e di tutti quei personaggi che mettono in scena una particolare e divertente commedia quotidiana.
Altri palchi e altri teatri nel frattempo sono stati esplorati: India, Nigeria, Marocco, Brasile che con i loro colori e misteri lo catturano assorbendolo completamente con le tinte calde e dense, le luci che si riflettono sull’acqua e penetrano nell’incarnato, le ombre, il movimento.
La globalizzazione si fa sempre più avanti e questi luoghi restano comunque legati alla loro cultura, alla loro dimensione senza tempo.
Brazil – The Amazon River, 1966
Bruno Barbey