Pasquasia è una miniera di cui tanto si è discusso.
Essa a partire dagli anni sessanta ha rappresentato una delle più importanti fonti occupazionali per le province di Enna e di Caltanissetta. Infatti, Pasquasia dava direttamente lavoro a circa 500 dipendenti con un indotto altrettanto numeroso. Grazie alla sua produzione, l’Italkali, azienda gestore, era la terza fornitrice mondiale di sali potassici.
La chiusura della miniera ha decretato, a livello mondiale, la dismissione della Sicilia alla fornitura di sali potassici e derivati. Il 27 luglio 1992, in modo del tutto inaspettato Pasquasia chiude: una vera e propria catastrofe che mette in ginocchio l’economia di due province, Enna e Caltanissetta.
Sul perché la miniera è stata chiusa, in modo così repentino malgrado l’abbondanza di minerale, negli anni si sono sostenute due tesi contrapposte, lo stoccaggio di rifiuti radioattivi e la mancata volontà politica di riconvertire il sito verso la più profittevole e strategica produzione di magnesio, presente nella miniera. La riconversione si era resa necessaria perché la produzione del sale potassico a quel tempo avveniva con costi troppo elevati. Secondo questa tesi la riconversione, che era ormai necessaria ed urgente, veniva osteggiata e bloccata da interessi forti di multinazionali statunitensi e tedesche, le stesse che oggi hanno il monopolio della produzione di magnesio.
Pasquasia mi incuriosiva, volevo entrare a vedere cosa c’era ma soprattutto cosa rimaneva di quella che era un serbatoio economico per migliaia di famiglie. C’erano voluti più di cinquanta anni per diventare una delle più importanti miniere al mondo e c’era voluto un solo giorno per decidere di fermare tutto.
Pasquasia è stata per me una sensazione di improvviso silenzio, un’assenza che naturalmente presupponeva una forma precedente di presenza, l’immagine dello spazio e del tempo, imprescindibili e che giocano un ruolo fondamentale anche nella vita; è stato una specie di viaggio nell’inferno, alla fine del quale ci doveva essere uno spiraglio di luce o almeno speravo che ci fosse.
Osservando le immagini che avevo realizzato volevo che qualcosa di positivo le completasse, e allora mi è venuta un’idea: andare alla ricerca della presenza di quei luoghi, i minatori che avevano fatto grande quella miniera, le loro mani, i loro volti, le loro voci…