“Ma una festa religiosa, che cosa è una festa religiosa in Sicilia? Sarebbe facile rispondere che è tutto tranne una festa religiosa. E’ innanzitutto un’esplosione esistenziale. Poiché è soltanto nella festa che il siciliano esce dalla sua condizione di uomo solo”.
Così scriveva Leonardo Sciascia, in prefazione al volumetto di Ferdinando Scianna sulle feste in Sicilia.
Il mio lavoro di ricerca sulle feste religiose è stato un lavoro lungo e intenso: per anni ho fatto un pò la vita da nomade, viaggiando da un punto all’altro dell’isola alla ricerca delle feste meno conosciute e frequentate, quelle più forti e autentiche.
Ho fotografato moltissime feste religiose, e, di ciascuna, ho portato a casa ricordi indelebili che, però, tra pochi anni, potremo rivivere soltanto attraverso le fotografie che rimarranno unica memoria. E poi le feste della Settimana Santa, in cui si contempla il dolore di una madre per un figlio ammazzato e tradito da un amico: i Giudei (di San Fratello) sono gli uccisori di Cristo, perciò nella rappresentazione della passione di Cristo che viene condannato e crocifisso, essi demoniacamente si scatenano… La solennità straordinaria della processione di Enna del venerdì santo, con centinaia di penitenti incappucciati che sfilano interminabilmente per la città, in silenzio, con sivigliano sfarzo, mi ha sempre provocato un’emozione unica. E poi il silenzio, lo strazio della funebre musica della banda, l’Addolorata che oscilla al dondolio dei portatori, il tutto immerso in una nebbia che tutto rende ancora più misterioso e ovattato. ‘A sciaccariata’ di Ferla, dove il Gesù risorto viene portato a spalla dai giovani del paese in una corsa gioiosa e fanno da cornice una miriade di fiaccole (sciaccare) accese. La gente non va a dormire aspettando la messa dell’alba ed il rituale Scontru del mezzogiorno della Domenica di Pasqua, quando la Madonna incontrando il Cristo Risorto farà scivolare il manto nero che la ricopriva. E in tanti altri luoghi, tra feste splendide e intensissime. O la Pasqua di Prizzi dove intervengono le forze negative, per riaffermare poi la supremazia del divino, della vita sulla morte. Nella festa de ”l’abballata di li diavuli”, la Morte e due diavoli vanno alla ricerca di anime. I Diavoli come maschere della morte e delle forze del male. L’eterna lotta tra il bene ed il male. Dalla mattina importunano le persone, le acchiappano senza mollarle finché non ricevono soldi. Poi, le forze del male tenteranno di impedire l’incontro tra la statua dei Cristo risorto e della Madonna. Il tutto, in un’ atmosfera che, a tratti, è decisamente profana. Le feste della primavera, propiziatrici dell’abbondanza, come la Festa del Santissimo Crocifisso a Calatafimi, oppure S. Giacomo a Capizzi, in cui il momento più suggestivo, e profano nello stesso tempo, della processione si raggiunge in Piazza dei Miracoli, dove avvengono appunto i tradizionali “miracoli”. Il tradizionale rito di questi “miracoli” consiste nel percuotere violentemente con l’estremità delle travi, dove poggia il fercolo, come un “ariete di guerra”, il muro di un’antica casa attigua alla chiesa di S. Antonio. Il muro percosso da quegli urti veementi crolla e solo allora hanno termine i “Miracoli”. Quando e come ha avuto inizio questo “rito” nessuno può saperlo con precisione, perché mancano i documenti storici. Da sempre dicono i Capitini, San Giacomo ha fatto i “Miracoli”, attribuendo al “rito” un intervento soprannaturale. Anzi a questi “Miracoli” era legata un’antica tradizione: quando le percosse al muro erano di numero pari, esse erano di buon auspicio sia per i frutti della terra come per tutto l’andamento dell’annata. Invece le percosse in numero dispari portavano nel Paese: calamità, disgrazie, carestie e disastri d’ogni genere. E poi la Madonna della Visitazione a Enna, Il Cristo Lungo a Castroreale, San Sebastiano a Palazzolo Acreide, la Madonna della Luce a Mistretta, Maria SS. Assunta a Randazzo, la Processione per laFesta della Madonna delle Grazie con i “Flagellanti” a Montagna Reale, l’Epifania e la Pastorale a Sant’Elisabetta, il Mastro di campo a Mezzojuso, un racconto lungo un anno che volge lo sguardo sui centri minori e che cerca di restituire il volto di una Sicilia poco conosciuta”.